Museo dell’Opera del Duomo
Nel 1986 veniva aperto a Pisa il Museo dell’Opera del Duomo sotto la guida di Guglielmo De Angelis d’Ossat. Non era un’iniziativa nuova, poiché già nel 1935 la loggetta e altre due sale del Palazzo dell’Opera avevano ospitato una piccola raccolta di sculture e frammenti lapidei per cura del giovane Enzo Carli. La novità era grande però: per la ricchezza dei materiali raccolti, la scelta di dedicare a essi un intero edificio della Piazza del Duomo, da poco liberato dalla comunità religiosa che l’abitava, la razionalità dell’allestimento, le importanti scoperte scientifiche e l’approfondito lavoro di preparazione ad opera di un’agguerrita equipe di studiosi. Ci si può domandare a questo proposito perché intervenire di nuovo su una realtà museale tanto importante. Si può rispondere, semplicemente, perché i musei sono come alberi per i quali il passare del tempo implica la caduta di foglie e lo sviluppo dell’intera pianta. Fuor di metafora, quello che si presenta qui è il museo di trentatré anni fa arricchito di nuovi importanti materiali, privato di alcune eccedenze e ripensato nei criteri espositivi in modo da restituire al meglio la valenza originaria delle opere.
I frequentatori memori dell’allestimento precedente non troveranno più alcuni oggetti, o gruppi di oggetti, per i quali sono previsti altri spazi espositivi o depositi organizzati razionalmente e aperti agli studiosi. I casi più evidenti riguardano i modelli in scala dei monumenti della Piazza, la collezione di antichità e i dipinti di età moderna. Con parziale eccezione di questi ultimi, tali materiali non avevano infatti un rapporto diretto con la Cattedrale e gli altri edifici, né con la prioritaria funzione religiosa di quelle architetture. La loro esclusione permette dunque una più rigorosa lettura del percorso museale, nonché una più lucida comprensione delle singole opere già presenti nel museo o inserite ex novo nell’allestimento.
Il percorso si apre solennemente al pianoterra con la Porta di Bonanno. Segue una sala dedicata al Duomo in età romanica, di cui si presentano i marmi di facciata e gli arredi interni. Dopo aver indugiato su alcune presenze d’oltremare, così importanti per comprendere l’arte pisana di quel periodo, si passa al Battistero e al suo decoro scultoreo d’età gotica. L’impronta di Nicola de Apulia, assai forte nelle teste e nei mezzi busti della Deesis, lascia qui il passo nelle statue a figura intera al genio di suo figlio Giovanni. Questi è il protagonista delle due sale successive, dapprima nei ritratti e nel favoloso bestiario delle gradule, quindi nei superbi gruppi della Madonna col Bambino variamente accompagnata. In tutti questi casi è bastato ragionare sulla qualità scultorea o la dislocazione architettonica dei pezzi per restituire ad essi la miglior fruizione da parte del visitatore. Ciò si è rivelato particolarmente proficuo nella sala dedicata ai seguaci di Giovanni – Tino di Camaino e Lupo di Francesco – e in quella di Andrea e Nino Pisano, dove l’ingresso di alcuni importanti ed ingombranti capolavori ha conferito un nuovo valore anche alle opere preesistenti. Procedendo nel percorso non è difficile notare che, nella produzione di età rinascimentale, l’impronta di Pisa cede a quella di Firenze, anche nell’ambito della scultura in marmo. Nella sala dedicata alla Torre, il gruppo di mezze figure del fiorentino Andrea Guardi introduce la lingua di Donatello in uno dei capolavori dell’architettura medievale, dialogando con quel che resta di una tarsia arabeggiante ed uno straordinario capitello romanico. Se la gran parte delle opere dei maestri finora indagati provengono dall’esterno degli edifici, nell’ultima sala del pianterreno si allestisce un interno sacro, nel quale marmi e bronzi manieristici rendono onore al Crocifisso in legno dipinto di primo Quattrocento, che preannuncia le opere esposte al piano superiore.
Per espletare il culto infatti, l’edificio sacro cristiano ha bisogno di arredi, immagini, vesti, vasi e libri liturgici. Una volta salite le scale, sono gli arredi del coro ligneo della Cattedrale ad accogliere il visitatore. Si tratta di mobili realizzati a intaglio e tarsia per ospitare il clero impegnato nella preghiera comune. Le immagini sono invece protagoniste della sala che segue. Il Cristo scolpito di età romanica faceva già parte del precedente allestimento, mentre il dipinto di Spinello Aretino che gli sta di fronte è una novità tesa a riassumere l’importanza della pittura nel tardo Medioevo. Si accompagnano a queste immagini monumentali due reliquiari limosini, la cui preziosità torna moltiplicata nei capolavori di piccole dimensioni realizzati da Giovanni Pisano e altri maestri esposti nella sala successiva. Muovendo oltre, i tessuti e le oreficerie raccolti intorno alle insegne e al drappo funebre dell’imperatore Arrigo VII – altro importante nuovo ingresso del presente allestimento –, dichiarano il ruolo cruciale svolto da queste tecniche nell’arte del passato. Non a caso, di qui in avanti si incontrano tre sale dedicate alle vesti liturgiche e altrettante dedicate ai vasi sacri. Il visitatore ha modo di verificare con i propri occhi la varietà di soluzioni e di manifattura che artisti anonimi e non hanno saputo conferire a tipologie solo apparentemente seriali. S’intrecciano con questi spazi quelli che ospitano i libri liturgici, siano essi i rarissimi rotoli dell’Exultet o i più diffusi codici d’altare e da coro. Data la necessità di esporre solo parzialmente questo ricchissimo e delicatissimo materiale, le moderne tecnologie vengono incontro alle esigenze del pubblico più curioso srotolando gli Exultet e permettendo di sfogliare le pagine dei codici.
Il percorso museale non finisce qui. Uscito nel loggiato, il visitatore è invitato a gettare lo sguardo sulla Torre prima di scendere al pianoterra. Nel chiostro lo attende un’ultima grande manifestazione della scultura pisana al suo apogeo. Alcuni dei colossali busti del coronamento del Battistero sono allineati lungo la parete sinistra entro alloggiamenti che intendono suggerire l’intenso dialogo di queste statue con l’architettura. Autore ne è il giovane Giovanni Pisano, già più volte incontrato, che si conferma così protagonista assoluto di questo museo.
Pluripremiato per il nuovo allestimento
Nel 2021 nell’ambito della Festa dell’Architetto nella sede della Biennale di Venezia, il museo si è classificato primo nella categoria “Opere di allestimento o di Interni” per il progetto dello studio Guicciardini & Magni Architetti di Firenze, che ne ha curato il nuovo allestimento nel 2019. [leggi l’articolo completo]
Ancora nel 2021 il museo è risultato tra i candidati per il riconoscimento del premio Riccardo Francovich per la migliore sintesi fra rigore dei contenuti scientifici ed efficacia nella comunicazione degli stessi verso il pubblico dei non specialisti, aggiudicandosi il secondo posto. [leggi l’articolo completo]
Per l’edizione 2022 del prestigiosissimo Premio Internazionale Dedalo Minosse dedicato alla Committenza di Progetti Architettonici promosso da ALA (Asso-architetti della Regione Veneto con cadenza biennale) il Museo ha ricevuto uno speciale riconoscimento da parte della giuria. [leggi l’articolo completo]
Per la terza edizione del Premio Architettura Toscana, nuovo riconoscimento per il Museo dell’Opera del Duomo di Pisa, risultato uno dei cinque vincitori finali, vincendo il Premio Architettura Toscana nella sezione “Restauro e recupero”. [leggi l’articolo completo]